Per quelli che non potranno leggere o rispondere lì, posto anche qui ciò che ho scritto in altro forum.
Ho tolto solo qualche nome che non è in questo forum perchè non mi sembra corretto sia riportato anche qui, ove non gli sarà possibile eventualmente rispondere.
Leggendo gli interventi in alcuni trheads, prendo spunto per aprire questo nel quale, mi auguro, potremo esporre i vari pensieri, cercando di non toccare la suscettibilità di nessuno in particolare, men che meno cadere nelle diatribe personali.
Mi espongo io per primo scusandomi se sarò tacciato di essere prolisso, mi auguro non banale, ma soprattutto chiarendo fin da ora che non è mio costume e nemmeno ho le capacità di pormi su piedistalli a dettar “bibbie”.
Comincio con:
SETTER CONTINENTALIZZATI
Se partiamo dalla premessa di Alberto Chelini che qui di seguito esporrò, forse ci potremo capire meglio.
In Europa, a seconda della conformazione del terreno delle varie Nazioni, si diversificarono le razze. Questa diversificazione, perciò, non avvenne seguendo gusti di sorta, ma solo per esigenze di carattere ambientali.
In Italia, con terreni a maggioranza declivi e boscosi, spesso paludosi, si imposero cani che non dovevano battere lontano dal fucile. Bracchi e spinoni la fecero da padroni proprio per la loro cerca ristretta, instancabili su qualunque tipo di terreno e con qualsiasi temperatura.
In Francia e Germania, con terreni misti, si imposero razze dalla cerca più ampia, ma non troppo; breton e kurzhaar sopra ogni altra.
In Inghilterra, con vaste lande e brughiere (i moors), si era quasi obbligati a selezionare razze dalla cerca molto ampia e soprattutto veloce perché, in poco tempo, dovevano battere ampi appezzamenti per poi passare ad altri della medesima grandezza. Quali cani potevano soddisfare queste esigenze se non i pointer e i setter?
Mi sembra ovvio dire che i setter ed i pointer, quanto gli altri continentali esteri, li trasferirono in Italia, in una terra non propriamente a loro idonea, ma a questa si “italianizzarono”.
Il problema è che loro hanno capito noi già da tempo, ma noi ancora non abbiamo capito loro.
Mi spiego meglio e voglio mantenermi solo col setter inglese.
Chi alleva con passione e serietà cerca di ottenere setter il più vicino possibile allo standard di razza. Non sto qui a disquisire sullo standard FCI e quello italianizzato, altrimenti ci perderemmo nei meandri della discussione italo-albionese ferma in piedi e coda alta, ferma flessa e coda a scimitarra.
Magari con il “distinguo” tra il setter da expo-caccia e setter da caccia-prove, sicuramente errando, siamo persino riusciti a costruire due gruppi della stessa razza col punto in comune “la caccia”.
Fin qui gli allevatori, piccoli o grandi che siano.
Ma i cacciatori, che poi sono gli ipotetici clienti primari?
C’è chi vuole il setter in pieno stile di razza che deve prendere terreno anche quando le condizioni di vegetazione non lo consiglierebbero, sfruttando magari le modernità tecnologiche quali beeper o collari satellitari, e c’è chi se lo fa cambiare perché dice che non se lo gode a caccia se si allontana più dei 50 metri. Chi sbaglia? Il setter o chi ha scelto il setter per il suo tipo di caccia?
C’è chi guarda all’estetica e chi guarda al carniere fregandosene del “portamento” e del movimento.
C’è chi lo vuole bianco perché lo si vede anche nel folto e c’è chi li preferisce bianco-nero o bianco-fegato solo per star dietro alle mode del momento o allo stallone che di quei colori sta producendo bene o se ne scrive (anche molto) sulle riviste del settore.
Ora “ci siamo scoperti”, ancorché inesperti, anche “saltimbanchi” pretendendo ai 3 – 4 mesi la ferma, il riporto, il terra, il seduto, il dietro, il non andare dietro le rondini o le farfalle, il tutto e subito quando fino agli 8 – 9 mesi i cuccioloni dovrebbero essere lasciati liberi di sbizzarrirsi senza costrizione alcuna se non quella di imparare a camminare a guinzaglio col padrone, senza strattonare o azzuffarsi col cane che magari gli starebbe accanto.
Non “capiamo” che se ci può essere l’eccezione della precocità, non è certamente questa la regola. Non “capiamo” neanche che se le dita di una mano non sono tutti uguali, nemmeno tra fratelli ci può essere eguaglianza. Ciò non toglie che ogni dito ha la sua funzione e se proprio non è bloccato da qualche problema, prima o poi anche il mignolo farà la sua funzione, così dicasi per quel cucciolone meno precoce se solo gli si darà un po’ di tempo e pazienza in più.
Se si ha la fortuna di ottenere i giochetti da saltimbanco si fa pubblicità al cane e all’allevatore; se questa fortuna viene ad essere ritardata o qualcosa nell’addestramento non ha funzionato per errori propri, è colpa del cane, dell’allevatore e forse anche della razza.
CANI PORTATI A CACCIA ANCOR PRIMA DELLE PROVE
Tanti sono i trhead nei quali si dibatte questo argomento, per ultimo ma non ultimo quello “.............”.
Già ho espresso lì la mia opinione in merito e non ritengo utile ripetermi.
Seppur non mi è mai piaciuto parlare dei miei setter perché ho preferito sempre ne parlassero quei pochi che li hanno in mano, ritengo sia opportuno chiarire che non mi interessano i maschi “col passo del cacciatore”; per capirci, quelli che sanno andare a caccia per ore ma non sarebbero capaci di correre mezz’ora, o per qualche altro particolare, in qualche nota delle prove.
La mancanza di selvaggina e di terreni idonei mi ha spinto a mandare alcuni cuccioloni all’estero ove attualmente si trovano, cacciando rosse e beccacce da una parte, beccacce e coturnici dall’altra. Altri ancora saranno tra poco pronti per partire.
Come me tanti altri si comportano analogamente, grandi e piccoli allevatori con o senza affisso.
A febbraio prossimo tireremo le somme sugli attuali “stranieri” e quelli che avranno “il passo del cacciatore” li dovrò vendere, magari facendo la fortuna di qualcuno che vorrà divertirsi a caccia, ma a me non interessano solo perché maschi.
Quanti saranno propensi a capire che nessuno fa niente per niente?
I cani con un “cognome” tanto più conosciuto non rimarranno certamente nei box dell’allevatore, ma quanti sono consapevoli che i costi per tenere dei cani fuori, per un amatoriale, sono uguali a quelli di un allevatore più conosciuto?
Io sono consapevole dei miei rischi, ma quanti sanno che è più facile che vengano molti buoni cacciatori e “forse” qualcuno buono per qualche nota delle prove?
E quando pur qualcuno di essi viene buono per le prove, quanti sanno che proprio lì cominciano i veri problemi per un allevatore?
A prescindere dai costi, il carissimo amico Giorgio Guberti suole sempre ripetere:”Quando la moglie va a letto con un altro uomo è sicuro che torna a casa migliorata, quando un cane va in mano a un dresseur il più delle volte ti torna a casa che non lo puoi usare nemmeno a caccia”.
Sacrosante parole!
ALLEVAMENTO ............
Non ho il piacere di conoscere personalmente l’uomo, ma dell’allevatore ne ho sentito ampiamente parlare e solo in bene.
Non posso però non apprezzare la sua “sobrietà” nel rispondere nel trhead che lo chiama direttamente in causa; ciò, a mio parere, a conferma sulla serietà della persona.
Siccome la cinofilia ed in particolare l’allevamento non è una scienza esatta, ogni allevatore serio cerca di ottenere i migliori risultati da un accoppiamento che ancor oggi è basato solo su elementi soggettivi.
Quando la scienza ci dirà che nell’allevamento 2 + 2 farà 4, solo allora cambieremo gli attuali metodi di riproduzione.
Parlando di uno stallone al quale spesso si fa riferimento nel trhead in questione, posso dar per certo che ne farò uso anche io che sono e rimango “il signor nessuno”, ma ritengo di sapere quale mia femmina darle.
Se poi qualcuno fosse così gentile da dire qui stesso e per inciso quali siano i difetti trasmissibili che io ancora non conosco di questo stallone, non solo gliene sarei grato io ma tutta la cinofilia “setteriana” in generale.
Per ora mi rifaccio comunque a quanto sopra scritto:”Se si ha la fortuna di ottenere i giochetti da saltimbanco si fa pubblicità al cane e all’allevatore; se questa fortuna viene ad essere ritardata o qualcosa nell’addestramento non ha funzionato per errori propri, è colpa del cane, dell’allevatore e forse anche della razza”.
D’altra parte, fu Cristo ed ebbe quelli che lo volevano libero e quelli che lo volevano in croce; figuriamoci un comune mortale.
Ne vogliamo parlare da buoni cristiani?
Angelo Di Maggio
« Non c'è patto che non sia stato rotto, non c'è fedeltà che non sia stata tradita, fuorché quella di un cane fedele. » (Konrad Lorenz)